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Lo scarabocchio: un'attività della mente.

di Rocco Quaglia

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La linea, come prolungamento della mano, ne esprimeva i significati affettivi e ne traduceva le “intenzionalità” (Quaglia, Saglione, 1976). 2.2 Tracciati buoni e tracciati cattivi Nell’esperimento condotto con il piccolo Stefano, si evitò sempre di insegnargli a raffigurare gli oggetti della realtà, lasciandogli la massima libertà espressiva, e osservando l’evoluzione “spontanea” della linea. L’impiego della linea da “gesto affettivo” a “contorno di una figura”, non misura soltanto la crescente maturazione delle funzioni motorie e percettive (Widlöcher, 1965), ma riflette particolarmente l’evolversi del carattere dinamico della percezione primitiva (Werner, 1940). Per il bambino, gli oggetti del mondo esterno non sono figure geometriche, ma sono elementi di eventi dinamici. Non sono, infatti, le qualità statiche ad interessarlo, ma le proprietà dinamiche degli oggetti. “Per il bambino, un cane non è una struttura obiettiva che possiede una forma obiettiva e delle parti. Il cane è qualcosa che morde o che abbaia” (Werner, 1970, p. 70). In altre parole, gli oggetti del mondo esterno possono essere desiderabili oppure temibili, ossia buoni, oppure cattivi. “Questa dinamizzazione delle cose, fondata sul fatto che gli oggetti sono sperimentati soprattutto attraverso l’atteggiamento affettivo e motorio del soggetto, può condurre a un particolare tipo di percezione. Le cose percepite in questo modo appaiono animate e, anche se sono in realtà senza vita, sembra che esprimano una qualche forma interiore di vita” (Werner, 1940, p. 71). D’altronde “L’animismo infantile – scrive Piaget – è la tendenza a concepire le cose come viventi e dotate d’intenzionalità” (Piaget, 1964, p. 34). La linea partecipa dunque delle intenzionalità del gesto, e traduce inizialmente le qualità affettive degli oggetti mediante il suo carattere fisionomico. Stefano (1a,6m) dopo aver battuto la testa contro lo spigolo del tavolo, e dopo essersi vendicato picchiando il tavolo, non soddisfatto ha eseguito il disegno del tavolo, vale a dire ha prodotto una serie di linee verticali, spesse e sovrapposte (fig.1). Stefano non aveva intenzione di rappresentare il tavolo nella sua configurazione fisico-geometrica, ma ha rappresentato l’atto di picchiare un oggetto per lui cattivo. La linea assumeva, invece, caratteri di rotondità e di morbidezza (fig.2), quando il piccolo riferiva di aver fatto il disegno della mamma. Fig.1- Disegno del tavolo Fig.2 - Disegno della mamma Marco, figlio di amici, (2anni), dopo essere stato spaventato, durante una passeggiata con la madre, da un grosso cane che improvvisamente si era messo ad abbaiare dietro una rete di recinzione, giunto a casa, tracciò una linea spessa e disordinata, e la portò alla madre esclamando: “Abbaia!” (fig.3). Mediante la linea, il bambino aveva rappresentato la qualità dinamica del cane, e grazie alla linea poteva controllare una realtà minacciosa. La linea, dunque, percepita fisionomicamente come un’azione che può accarezzare e colpire, può rappresentare idealmente eventi e oggetti del mondo esterno, sia buoni, mediante un tracciato rotondeggiante e morbido, sia cattivi, mediante un tracciato marcato e disordinato. Fig.3-Disegno del cane In breve, l’intera produzione grafica del bambino presenta inizialmente questa duplice caratteristica formale, e là dove noi, in qualità di osservatori, vediamo linee verticali, orizzontali, ovoidali, oblique o a spirale (Kellogg, 1969), il bambino sente linee buone, brave, allegre, giocose, oppure linee cattive, brutte, tristi, paurose (Oliverio Ferraris, 1973). Allo stesso modo, come la realtà è definibile essenzialmente come buona o cattiva, anche i tracciati sono buoni o cattivi, esaurendo ogni esigenza rappresentativa del bambino. Agli esordi del disegno, dunque, il bambino non è interessato a riprodurre le qualità formali degli oggetti, ma l’esperienza buona o cattiva, generata nel momento del suo incontro con gli oggetti della realtà. Riepilogando, nella relazione affettiva con gli oggetti del mondo esterno, il bambino coglie le corrispondenze tra le qualità dinamiche di tali oggetti e gli stati interni di valutazione emozionale.