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Commento alla 54 del 2006

di Laura Nissolino Avv.

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Ad esempio non erastata individuata l’età in cui il minore avrebbe dovuto essere ascoltato, si faceva esclusivamente riferimento ad un minore “in grado di essere consapevole” e quindi di esprimersi in maniera chiara. Nella normativa non c’è traccia di indicazioni in ordine alla modalità ritenuta più idonea per ascoltare il minore, se cioè si dovesse ricorrere all’ausilio di figure specialistiche di supporto quali gli assistenti sociali, gli psicologi o se il giudice potesse essere sufficientemente preparato per procedere direttamente. Purtroppo tali problematiche non sono state risolte con la nuova normativa. Nella normativa internazionale - di cui do solo un breve cenno perché abbiamo già ascoltato sul tema la dottoressa Baldassarre per l’Unicef e sentiremo nei prossimi interventi la collega De Stefano per la consulta europea per i diritti dell’uomo – l’interesse del minore è stato in più occasioni garantito: si pensi alla Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo dell’89 che è stata resa esecutiva in Italia nel ’91; alla Carta Europea dei Diritti del Fanciullo del ’92 e alla Convenzione Europea sull’Esercizio dei Diritti del Bambino del ’96. In questo ultima normativa viene ribadita la necessità di ascoltare il minore. Nella Convenzione di New York l’articolo 10 prevede che: Il minore ha il diritto di mantenere, salvo circostanze del tutto eccezionali, relazioni personali e contatti diretti e regolari con entrambi i genitori; l’articolo 18 prevede inoltre – come già anticipato nell’intervento dell’Unicef - che entrambi i genitori debbano avere comuni responsabilità in ordine all’allevamento e allo sviluppo del bambino. Sulla stessa linea si è espressa anche la Suprema Corte che ha ritenuto che il giudice debba disporre l’affidamento del minore tenendo conto delle soluzioni che maggiormente garantiscono l’interesse morale e materiale della prole.