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Il modello evolutivo strutturalista di Vittorio Guidano e Giovanni Liotti

di Alessandra Pace

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1.5.2 Liotti e il la dimensione interpersonale della coscienza Negli ultimi scritti, Liotti prende chiaramente le distanze dalle posizioni costruttivistiche radicali. Sebbene nel contraddire queste posizioni non nomini mai Guidano, citato peraltro per vari aspetti della sua teoria, risulta chiaro che non ne condivide certe posizioni. Liotti, pur non abbandonando la visione costruttivistica che aveva caratterizzato i suoi primi scritti, sostiene quello che potremmo definire il “primato dell’interpersonale”, non solo nella strutturazione del Sé, ma anche nel suo sviluppo. In La dimensione interpersonale della coscienza, del 1994, afferma (1994, 93-97) che l’esperienza di unità e continuità soggettiva ha fondamenti relativi anche se non del tutto illusori e si basa su un nucleo rappresentativo originario, di natura relazionale e non unitario, derivato dalle esperienze infantili di attaccamento. Questo nucleo è relazionale non solo per il suo contenuto, ma anche per le condizioni della sua formazione e del suo mantenimento. In altre parole, la relazione non fornisce solo i contenuti della costruzione del nucleo, ma collabora anche nei processi che portano alla costruzione e all’organizzazione del nucleo e, di conseguenza, di tutto il sistema conoscitivo. Secondo l’autore il nucleo non può mai essere considerato totalmente unitario, poiché si basa su esperienze relazionali vissute con figure significative diverse. Anche se queste figure sono organizzate gerarchicamente, il bambino, nella fase di costruzione dei modelli operativi, sperimenta varie relazioni d’attaccamento e tutte concorrono alla costruzione degli schemi sovraordinati. Il nucleo, nel tempo, tende alla continuità e alla coerenza, ma non perché i suoi contenuti siano unitari. Se queste rappresentazioni nucleari sono tra loro incoerenti, il nucleo vedrà compromessa la sua funzione di continuità e l’esperienza di unità del Sé sarà decisamente illusoria. Se, invece, sono abbastanza coerenti, la coscienza e la memoria potranno esplicare le loro funzioni integratrici, danno alla persona un senso di continuità personale. In altre parole, sono la poca discontinuità delle rappresentazioni del nucleo e la funzione integratrice dei processi della coscienza e della memoria, che danno al Sé il senso di continuità. Ad aumentare il senso di continuità personale concorrono, poi, i processi di assimilazione delle nuove esperienze relazionali agli schemi nucleari precedenti. Ciò non toglie che le esperienze della vita presente possano modificare, entro certi limiti, i modelli operativi interni e, di conseguenza, la continuità del Sé. Poiché il grado di approssimazione al Sé unitario dipende dalla qualità della relazione, almeno all’inizio della vita, la continuità della coscienza è minacciata dalla molteplicità-incoerenza delle rappresentazioni del singolo altro e non dalla molteplicità-incoerenza delle rappresentazioni di sé legate alle esperienze con le diverse figure di attaccamento. Questo indica che per il mantenimento di uno stato di coscienza continuo, è primaria la coerenza delle rappresentazioni dell’altro rispetto a quella della rappresentazione di sé.