Home
- Articoli sul Costruttivismo
Il modello evolutivo strutturalista di Vittorio Guidano e Giovanni Liotti
di Alessandra Pace
pag. 28 di 37
1.5.2 Liotti e il la dimensione interpersonale della coscienza
Negli ultimi scritti, Liotti prende chiaramente le distanze dalle posizioni
costruttivistiche radicali. Sebbene nel contraddire queste posizioni non
nomini mai Guidano, citato peraltro per vari aspetti della sua teoria, risulta
chiaro che non ne condivide certe posizioni.
Liotti, pur non abbandonando la visione costruttivistica che aveva
caratterizzato i suoi primi scritti, sostiene quello che potremmo definire il
“primato dell’interpersonale”, non solo nella strutturazione del Sé, ma anche
nel suo sviluppo.
In La dimensione interpersonale della coscienza, del 1994, afferma (1994,
93-97) che l’esperienza di unità e continuità soggettiva ha fondamenti relativi
anche se non del tutto illusori e si basa su un nucleo rappresentativo
originario, di natura relazionale e non unitario, derivato dalle esperienze
infantili di attaccamento. Questo nucleo è relazionale non solo per il suo
contenuto, ma anche per le condizioni della sua formazione e del suo
mantenimento. In altre parole, la relazione non fornisce solo i contenuti della
costruzione del nucleo, ma collabora anche nei processi che portano alla
costruzione e all’organizzazione del nucleo e, di conseguenza, di tutto il
sistema conoscitivo.
Secondo l’autore il nucleo non può mai essere considerato totalmente
unitario, poiché si basa su esperienze relazionali vissute con figure
significative diverse. Anche se queste figure sono organizzate
gerarchicamente, il bambino, nella fase di costruzione dei modelli operativi,
sperimenta varie relazioni d’attaccamento e tutte concorrono alla costruzione
degli schemi sovraordinati.
Il nucleo, nel tempo, tende alla continuità e alla coerenza, ma non perché i
suoi contenuti siano unitari. Se queste rappresentazioni nucleari sono tra loro
incoerenti, il nucleo vedrà compromessa la sua funzione di continuità e
l’esperienza di unità del Sé sarà decisamente illusoria. Se, invece, sono
abbastanza coerenti, la coscienza e la memoria potranno esplicare le loro
funzioni integratrici, danno alla persona un senso di continuità personale. In
altre parole, sono la poca discontinuità delle rappresentazioni del nucleo e la
funzione integratrice dei processi della coscienza e della memoria, che danno
al Sé il senso di continuità.
Ad aumentare il senso di continuità personale concorrono, poi, i processi
di assimilazione delle nuove esperienze relazionali agli schemi nucleari
precedenti. Ciò non toglie che le esperienze della vita presente possano
modificare, entro certi limiti, i modelli operativi interni e, di conseguenza, la
continuità del Sé.
Poiché il grado di approssimazione al Sé unitario dipende dalla qualità
della relazione, almeno all’inizio della vita, la continuità della coscienza è
minacciata dalla molteplicità-incoerenza delle rappresentazioni del singolo
altro e non dalla molteplicità-incoerenza delle rappresentazioni di sé legate
alle esperienze con le diverse figure di attaccamento. Questo indica che per il
mantenimento di uno stato di coscienza continuo, è primaria la coerenza delle
rappresentazioni dell’altro rispetto a quella della rappresentazione di sé.