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- Articoli sul Costruttivismo
Il modello evolutivo strutturalista di Vittorio Guidano e Giovanni Liotti
di Alessandra Pace
pag. 30 di 37
Per quanto concerne la psicopatologia e la terapia, Liotti sostiene (1996,
35-43) che il costruttivismo radicale sfuma ogni concetto di norma verso una
posizione pragmatista caratterizzata più o meno sociologicamente. La
psicopatologia, secondo questa prospettiva, è vista o come una perdita di
coerenza interna della “costruzione” oppure come una perdita di coesione tra
la “narrazione” individuale e la “realtà” umana, intesa come un insieme di
costruzioni socialmente convalidate. La terapia, perciò, non deve perseguire
delle norme motivazionali obiettive. Essa è co-costruita dal terapeuta e dal
paziente in ogni aspetto: questa costruzione non è valutabile in termini di
verità, ma solo in quanto capace di recuperare un benessere emotivo o di far
elaborare al paziente delle “narrative” della propria esperienza soggettiva più
coerenti, articolate e ampie di quelle che egli è in grado di fare. Non esiste
nella posizione costruttivista radicale, sostiene Liotti, una norma ideale, una
meta a cui deve tendere la terapia, che sia indipendente dalle costruzioni
cognitive umane.
L’autore ritiene criticabili queste posizioni. Egli sostiene che la patologia
derivi da una funzionamento anormale dei sistemi motivazionali
interpersonali, dovuto alla mancanza di rispetto per le norme biologiche che
guidano i sistemi. Il funzionamento anomalo deriva dalla presenza di schemi
disadattivi che impediscono di attribuire un significato corretto all’esperienza
che viene segnalata dal livello tacito. I parametri di validità della psicoterapia,
perciò, non possono consistere semplicemente nella constatazione della
maggiore coerenza, ampiezza e articolazione delle narrazioni autobiografiche
del paziente. Ciò che indica la riuscita del processo terapeutico è la
constatazione che i sistemi motivazionali possono operare nei limiti del loro
funzionamento normale. La maggiore coerenza interna della narrazione sarà
solo un aspetto della rinnovata capacità di perseguire i bisogni innati
fondamentali nella relazione con gli altri: così è possibile che diverse
narrazioni autobiografiche, ossia costruzioni del Sé, siano compatibili con il
recupero della norma funzionale di un sistema motivazionale.
Durante la relazione terapeutica (Liotti, Intreccialagli, 1992, 77) sia il
paziente che il terapeuta interagiscono sulla base dei loro sistemi
motivazionali.
Il terapeuta (Liotti, 1991, 112-113) deve evitare l’atteggiamento
pedagogico, che consiste nel confrontare forzatamente il paziente con le sue
irrazionalità per “insegnargliene” altre. Questo ostacolerebbe la costruzione
della terapia come collaborazione tra eguali. Ciò non toglie, tuttavia, che
esista una meta ideale da perseguire con la terapia.
La relazione terapeutica (Liotti, Tombolini, 1993, 54) è, inoltre, una
relazione d’aiuto che viene realizzata in un momento di vulnerabilità del
paziente: per questo è certo che in essa si attiverà il sistema dell’attaccamento
e si manifesteranno le strutture cognitive ad esso correlate. Il terapeuta
(Liotti, Intreccialagli, 1992, 82) deve riuscire a cogliere i momenti in cui il
paziente lo costruisce come una figura d’attaccamento, al fine di fargli
realizzare delle esperienze emozionali correttive delle relazioni
d’attaccamento abnormi.