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L'inquadramento nosografico dei disturbi psicosomatici

di Nicola Lalli

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A lungo si è dibattuto se lo psichiatra deve comprendere o spiegare: definendo la prima come la categoria della soggettività e del rapporto interpersonale, e la seconda come la categoria della oggettività e della osservazione asettica e scientifica. Credo che si tratti però di un falso problema: lo psichiatra deve sempre essere in grado di utilizzare questa duplice metodologia che può riassumersi nelle due domande "cosa ha il paziente" e "cosa è il paziente?". Questa visione binoculare che potremmo definire rispettivamente psichiatrica e psicoterapeutica deve essere sempre presente. La messa a fuoco, ovverosia la maggiore accentuazione dell'aspetto "oggettivante" è legata solo alla maggiore gravità del disturbo. Quando ci troviamo di fronte ad una patologia psicotica grave, o ad un processo involutivo che rende molto difficile, o a volte impossibile stabilire un rapporto e definire "chi è il paziente", lo psichiatra necessariamente dovrà spostare il registro dell'osservazione sul "cosa ha il paziente". Ma evidentemente se i fenomeni possono presentarsi con aspetti diversi, questo non vuol dire che quei fenomeni sono completamente diversi. L'albero visto nel contesto del bosco e quello visto da vicino, hanno, pur nella diversità, molte più cose in comune di quanto a prima vista non sembrerebbe. Una conoscenza più completa ci deriva dell'osservare l'albero, mantenendo il bosco come immagine di sfondo, o viceversa. In campo clinico la modalità di osservazione può essere condizionata da una diversa impostazione teorica rispetto all'oggetto. Ma anche in questi casi, prevale alla fine il primato del fatto sulla teoria, come si evince dal fatto che clinici pur con orientamenti diversi, di fronte ad uno stesso paziente, magari con concetti o parole diverse, esprimono lo stesso parere clinico e diagnostico. Quindi nonostante la variabilità del fenomeno, in parte dovuta al fenomeno stesso, in parte ad impostazioni teoriche diverse, rimane un primato del fatto, che rende possibile una classificazione dei disturbi psichiatrici, anche accettando che per il momento non tutti i disturbi psicopatologici possono essere inquadrati con sicurezza e con coerenza.