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L'inquadramento nosografico dei disturbi psicosomatici

di Nicola Lalli

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Per quanto riguarda il problema della distanza dell'osservatore riporterò il noto esempio del bosco e dell'albero. Se noi osserviamo un bosco ad una certa distanza, vediamo un insieme di alberi che si strutturano con una gestalt ben precisa: sappiamo che è un insieme di alberi, ma di questi ci sfugge la precisa connotazione. Se ci avviciniamo, ed anzi entriamo nel bosco, le cose cambiano: possiamo esaminare per bene i singoli alberi, ma perdiamo di vista il bosco. Ed il problema si ripropone quando osserviamo l'albero ad una certa distanza, o quando ci avviciniamo per studiarne la particolarità delle foglie e dei fiori. Senza voler portare questa situazione all'infinito è evidente, in altri termini, che la nostra osservazione, e quindi anche i dati che costituiscono la classificazione, variano in misura della vicinanza o della lontananza dall'oggetto. E' chiaro quindi che i sintomi ed il soggetto portatore dei sintomi, possono mostrare aspetti diversi a seconda della nostra distanza: che questa volta dobbiamo intendere non in termini fisici, ma psichici. Vediamo sicuramente cose diverse, nello stesso paziente, se l'approccio è esclusivamente oggettivante-nosografico, o se invece stabiliamo un rapporto psicoterapico. Questo non vuol dire che è impossibile fare una classificazione: vuol dire che bisogna tener presente oltre che la mutevolezza dell'oggetto, anche la modalità di osservazione. Questo aspetto trova il suo apice nella problematica del comprendere e dello spiegare.