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L'adolescenza: crisi psicologica o psicopatologia?

di Nicola Lalli – Agostino Manzi - Romana Panieri, 2005

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1. Considerazioni generali “L’adolescenza - afferma Winnicott - è una scoperta personale durante la quale ogni soggetto è impegnato in una esperienza: quella di vivere; in un problema: quello di esistere”. Questa lunga fase di scoperta segnata da numerosi cambiamenti somatici e psichici, è finalizzata ad un assetto nuovo ed originale del soggetto. Ma questo “nuovo ed originale” può essere causa di turbamenti: come l’angoscia di perdere - nella trasformazione - l’unità dell’Io; il timore di un ritorno all’impotenza originaria; il rischio di una chiusura in se stessi per l’incapacità di far fronte alle nuove e pressanti richieste dell’ambiente. Tuttavia questa scoperta rappresenta anche una fase stimolante e creativa, perchè apre a nuove esperienze, nuove possibilità. Le numerose, a volte contrastanti teorie dello sviluppo adolescenziale, sono raggruppabili in due visioni fondamentali, corrispondenti poi a due diverse visioni dell’uomo. La prima considera l’adolescenza come una fase certamente difficile, ma complessivamente creativa e positiva: una sorta di 'working in progress'. E’ la tesi di E. Erickson, di H. Kohut, di D. Winnicott. La seconda invece considera l’adolescenza come una fase pericolosa e drammatica del ciclo vitale, che può oscillare tra un sicuro “turmoil” ed un probabile "breack-down" e comporta sempre un prezzo elevato. E’ la tesi di M. Klein, di M. Mahler, di A. Freud, dei Laufer che sembrano confermare le parole del poeta P. Nizan: “Ho avuto anch’io vent’anni e non permetterò a nessuno di affermare che è la più bella età della vita”. Tra queste due polarità, riteniamo più aderente alla realtà considerare l’adolescenza come una fase dello sviluppo, caratterizzata fondamentalmente da una disarmonia più o meno temporanea, dovuta all’emergenza di pressioni biologiche, psicologiche e sociali che, prima di configurarsi in un nuovo assetto, inevitabilmente si presentano e sono vissute dal soggetto e dal gruppo sociale, come disarmonia, come mancanza di integrazione, come sospensione tra un passato inattuale e un futuro appena abbozzato. Ci sembra che il termine disarmonia esprima un aspetto peculiare dell’adolescenza e corrisponda al mutamento fisico indotto dalla pubertà, che in genere è disarmonico prima di giungere ad un assetto definitivo. Inoltre collegare la pubertà e l’adolescenza comporta un preciso postulato teorico: vuol dire correlare eventi biologici e psicologici rendendo impossibile qualsiasi operazione di relativismo culturale o di negazione del biologico. Oltre la disarmonia che esprime sia il vissuto soggettivo dell’adolescente, sia come questi può essere vissuto dal gruppo sociale, c’è un ulteriore vissuto tipico dell’adolescenza, che possiamo definire di sospensione. L’adolescente cioè si trova, rispetto ad alcune delle più importanti aree dell’esperienza - come quelle della dipendenza e dell’autonomia - in una condizione di attesa e di rinvio. Tale dinamica può essere resa ancora più conflittuale da situazioni sociali e culturali che, se da una parte attribuiscono all’adolescente una maturità che non ha ancora acquisito, dall’altro lo mantengono in una situazione di dipendenza forzata. Ma l’adolescenza non è solo un problema psicologico o interpersonale: rappresenta anche un evento sociale e come tale può essere favorito o ostacolato da una serie di dispositivi di natura culturale e/o sociale.