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Lo scarabocchio: un'attività della mente.

di Rocco Quaglia

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Concludono Thomas e Silk: “ Per quanto ci è dato di vedere, pochi teorici hanno fornito considerazioni dettagliate sulle ragioni del disegnare e le ricerche rilevanti sono scarse” (Thomas, Silk, 1990, p. 65). Fin dalle prime osservazioni effettuate sul disegno infantile (Quaglia, Saglione, 1976), scoprii che i primi gesti grafici del bambino non sono motivati dal prodotto grafico, ma dal piacere di imitare gli adulti, in particolare i genitori o gli insegnanti. I bambini, infatti, imitano il gesto, non il prodotto. Il fare come i grandi è la primitiva e più intensa fonte di piacere del bambino. Il suo interesse è destare l’interesse dell’adulto, dapprima per quel che sa fare, successivamente per quel che ha fatto. Nessuna meraviglia, dunque, se “ i bambini in età prescolare […] non mostrano il minimo interesse verso i disegni una volta completati, lasciando a qualcun altro il compito di esibirli” (Thomas, Silk, 1990, p. 65). L’interesse verso il proprio prodotto nasce quando il bambino passa dal fare come gli adulti, a fare quel che gli adulti fanno, impegnandosi in un maggior controllo oculo-motorio. Possiamo allora notare un tracciato che imita la scrittura, accompagnato dalla dichiarazione da parte del bambino di aver “scritto”. L’apprendimento non avviene mai casualmente, ma sempre all’interno di una relazione affettivamente importante. Nessuna attività ha valore di per sé, ma acquista rilevanza solo se diventa segno di relazione. Stefano (1a,10m) dopo aver scoperto lo scarabocchio-scrittura, cominciò a interessarsi di libri, scrivendoci sopra, o, meglio, riscrivendoli. Nel tentativo di salvare i volumi, i genitori gli comprarono libri per la sua età, con tante illustrazioni. Cominciò subito a scarabocchiarvi sopra, ma la linea non aveva più le caratteristiche della scrittura, cioè di una forma ondulata e lineare, ma aveva assunto due nuove organizzazioni formali: una morbida e rotondeggiante (linea buona), l’altra marcata e spezzata (linea cattiva). Affascinato dalle figure illustrate, Stefano cercava disperatamente di afferrarle con la mano, grattandovi sopra; quindi, ricorreva alla linea, scarabocchiandovi sopra, e, a scarabocchio ultimato, comunicava soddisfatto: “ Mio”, come se si fosse in qualche modo appropriato della figura. Quel che non era riuscito ad afferrare con la mano, lo aveva in qualche modo afferrato attraverso la linea, intangibile al pari della figura. Di fronte, invece, a illustrazioni che incutevano paura, il piccolo colpiva energicamente la figura con la punta della matita, oppure vi sfregava sopra fino a cancellarla. All’atto di grattare per afferrare, come all’atto del colpire con la mano, si era dunque sostituito un comportamento grafico volto ad assolvere le medesime funzioni.